Il dolore al calcagno (Fascite plantare)

Anatomia

Fig.5-18

Il dolore del calcagno, o fascite plantare, si distingue in funzione della localizzazione anatomica. La fascia plantare è una spessa e fibrosa banda di tessuto connettivo che origina dalla tuberosità mediale del calcagno. La più larga delle sue tre porzioni – mediale,laterale e centrale – è quella centrale. La porzione centrale della fascia origina dal processo mediale della tuberosità del calcagno superficialmente all’origine del flessore breve delle dita, del quadrato della pianta e dell’abduttore dell’alluce. La fascia si estende, in fasci singoli, lungo l’arco longitudinale mediale e si inserisce sulla base di ciascuna falange prossimale.

La fascia plantare è un supporto statico importante per l’arco longitudinale del piede. Uno stress sull’arco longitudinale esercita la sua massima tensione sulla fascia plantare,soprattutto a livello della sua origine sul processo mediale della tuberosità calcaneare. La fascia plantare si allunga con l’aumentare del carico per agire come ammortizzatore, ma la sua capacità di allungarsi è limitata (soprattutto con la riduzione dell’elasticità che compare con l’età). L’estensione passiva delle articolazioni metatarso falangee (MTF) tende distalmente la fascia plantare e aumenta anche l’altezza dell’arco del piede (Fig.5-18)

Eziologia

Il dolore sotto il calcagno rappresenta uno spettro di entità patologiche che includono la fascite plantare, l’intrappolamento del nervo abduttore del quinto dito, le periostiti e le borsiti sottocalcaneari. La fascite plantare è più frequente negli sport che richiedono la corsa e il camminare per lunghe distanze: èf requente anche tra i ballerini, i tennisti, i giocatori di pallacanestro e tra coloro la cui occupazione richiede un prolungato supporto del carico. L’appoggio di tallone implica un microtrauma diretto e ripetitivo sulle strutture legamentose e nervose, in particolare nelle persone di mezza età, in sovrappeso, non atletiche che stanno in piedi su superfici dure e rigide, nonché nei maratoneti .Alcune caratteristiche anatomiche sembrano favorire la fascite plantare. Campbell e Inman (1974) hanno notato che nei pazienti con piede piatto o con calcagno valgo vi è un incremento della tensione della fascia plantare che predispone i pazienti al dolore al calcagno. La pronazione dell’articolazione sottoastragalica prona il calcagno e allungala fascia plantare. Anche un gastrocnemio poco elastico(con l’aumento della pronazione come compenso) predispone i pazienti alla fascite plantare. È stato osservato che il piede cavo con la relativa rigidità esercita uno stress maggioresulla fascia plantare in carico. Numerosi studi hannodimostrato un’associazione tra la fascite plantare e l’obesità.Altre ricerche, però, non hanno ottenuto gli stessi risultati.

Lo sperone osseo sulla parte inferiore del tallone non è la fonte del dolore della fascite plantare. Piuttosto, il dolore è causato dall’infiammazione e da micro lacerazioni della fascia plantare. Lo sperone è in realtà l’origine dei flessori brevi delle dita. Nonostante ciò, questa definizione non corretta persiste tra il pubblico profano e in letteratura. Lo sperone calcaneare è presente nel 50% circa dei pazienti con fascite plantare. Questo valore supera del 15% la prevalenza di speroni visualizzati radiograficamente nei pazienti normali asintomatici rilevati da Tanz (1963). Tuttavia,la formazione dello sperone è in relazione al progredire dell’età: la perdita sintomatica dell’elasticità della fascia plantare con l’inizio della mezza età fa pensare che ci sia spetti che questo sottoinsieme di pazienti mostri un aumento dell’incidenza di speroni rilevabili dalla radiografia.

Segni e sintomi

Fig. 5-21

La fascite plantare si manifesta classicamente con un dolore graduale e insidioso nella zona inferomediale del tallone a livello dell’inserzione della fascia plantare .(Fig.5-21) Il dolore e la rigidità peggiorano quando ci si alza al mattino o dopo aver camminato a lungo e possono essere aggravati dal salire le scale o dall’alzarsi sulla punta dei piedi. È raro che i pazienti che soffrono di fascite plantare non lamentino dolore o rigidità quando fanno i primi gradini al mattino o dopo un riposo prolungato.
Nei casi in cui i sintomi della fascite plantare sono bilaterali bisogna escludere la presenza di malattie sistemiche quali la sindrome di Reiter, la spondilite anchilosante, la gotta e il lupus eritematoso sistemico. Un dolore bilaterale al tallone in maschi giovani di età compresa tra 15 e 35anni deve far sospettare la presenza di malattie sistemiche.

Valutazione del paziente con dolore al tallone

  • Storia ed esame
  • Valutazione biomeccanica del piede
  • Piede piatto o pronato
  • Piede cavo (arco accentuato)
  • Valutazione del cuscinetto adiposo (segni di atrofia)
  • Presenza di un tendine di Achille poco estensibile
  • Test di compressione della tuberosità del calcagno(lato mediale e laterale del calcagno) per valutare possibili fratture da stress del calcagno
  • Nei corridori valutare possibili errori durante l’allenamento(ad es., brusco aumento della distanza, correre su colline erte, scarpe da corsa scadenti, tecniche scorrette)
  • Valutazione radiografica con una proiezione obliqua a 45° e con le tre proiezioni standard del piede
  • Scintigrafia dell’osso se il dolore è resistente (>6 settimane dopo l’inizio del trattamento) e se la storia fa sospettare una frattura da stress
  • Valutazione reumatologica per i pazienti con sospetti processi sistemici di fondo (soggetti con

     dolore bilaterale, sintomi resistenti o dolore associato all’articolazione sacroiliaca o a più articolazioni)

  • Elettromiografia (EMG) se vi è il sospetto clinico di un intrappolamento del nervo
  • Stabilire una diagnosi corretta ed escludere altre possibili eziologie

Protocollo Riabilitativo

Principi Generali

  • Esaminare gli arti inferiori alla ricerca di eventuali fattori che possono contribuire: piede cavo (arco alto), piede piatto (arco piatto), dismetria, atrofia del cuscinetto adiposo, segni di artrite infiammatoria sistemica, ecc.
  • Esaminare e fare domande alla ricerca di possibili errori durante l’allenamento o di un sovraccarico nei corridori e negli atleti.
  • Identificare scarpe da corsa scadenti, superfici dure per camminare o correre, consumo in pronazione o in    supinazione delle scarpe da corsa.
  • Le fasi del trattamento sono progressivamente più aggressive o vengono utilizzate misure più invasive se con la prima fase non si ottiene un miglioramento dei sintomi
  • È stato dimostrato che lo stretching della fascia plantare e del tendine di Achille, ripetuto quotidianamente, è il trattamento più efficace per il dolore nella fascite plantare (successo nell’83% dei casi). Lo stretching deve essere fatto ogni mattina prima di camminare e ripetuto quattro o cinque volte nell’arco della giornata. Possono essere necessari uno o due mesi di stretching quotidiano per ottenere una significativa riduzione del dolore.
  • La chiave per un trattamento efficace è l’educazione del paziente, per informare che con un trattamento conservativo il 95% dei pazienti con fascite plantare,nonostante l’intenso dolore che spesso incontrano inizialmente, alla fine ha una risoluzione dei sintomi in 6-12 mesi.

Fase 1

Fig. 5-25

Stretching della fascia plantare

  • Quattro o cinque volte al giorno, 5-10 ripetizioni.
  • Prima di camminare al mattino, prima di stare in piedi dopo un lungo periodo di riposo.
  • Stretching della fascia plantare da posizione seduta.
  • Da posizione seduta, afferrare tutte e cinque le dita del piede e tirarle all’indietro verso il ginocchio. Tenere per 30 sec e ripetere cinque volte. (Fig.5-25)

Fig. 5-26

Un metodo alternativo è inginocchiarsi con le dita piegate(estensione delle MTF) sotto i piedi. Sedersi appoggiandosi sui talloni fino a quando non si sente una tensione all’origine della fascia plantare Tenere per 30 sec senza molleggiare. Ripetere cinque volte.(Fig.5-26)

  • Da posizione seduta, sistemare il piede come nell’immagine , poi iniziare ad applicare una pressione verso il basso sul polpaccio. Tenere per 30 sec. Ripetere cinque volte.

Fig. 5-18

Allungamento della fascia plantare contro il muro.

  • Mettere il piede contro il muro. Chinarsi in avanti gradualmente e lentamente e tenere per 30 sec. Ripetere 3-5 volte.(Fig. 5-18)

Stretching “del corridore” per il tendine di Achille

  • Un tendine di Achille poco estensibile è spesso un fattore che può causare o esacerbare una fascite plantare: per questo viene posta molta attenzione agli esercizi di stretching del tendine di Achille.
  • Stiramento del soleo.
  • Stirare lentamente (senza scatti) il tendine di Achille con la gamba interessata dietro e flettere lentamente il ginocchio. Tenere per 30 sec e ripetere cinque volte.
  • Stiramento del gastrocnemio.
  • Tenere il ginocchio esteso e iniziare lentamente a stirare il lato colpito per 30 sec. (Fig.5-29)
  • Stretching del tendine di Achille su una pedana inclinata.

Riposo relativo

  • Smettere di correre e di camminare per esercizio fino a quando non si è asintomatici per 6 settimane.
  • Passare a esercizi a basso impatto.
  • Cyclette.
  • Nuoto.
  • Corsa nell’acqua profonda con un salvagente
  • Calo ponderale.
  • Sostituzione delle superfici dure (cemento) con superfici soffici (erba o cenere).

Massaggio con ghiaccio

  • Ghiaccio sulla zona infiammata per un effetto antinfiammatorio.
  • Usare il ghiaccio in un foglio o una coppetta di polistirene per 5-7 min. Fare attenzione a evitare il congelamento.

Terapia Manuale e Fisica 

  • Tecarterapia in modalità Resistiva per 20 minuti con applicazioni quotidiane per 10 giorni.
  • Ultrasuoni.
  • Massaggio Trasvero Profondo lungo l’inserzione della Fascia.

Queste tecniche possono essere utili per un numero selezionato di pazienti, ma la letteratura non consente di trarre conclusioni relative alla loro efficacia.

MANIPOLAZIONE FASCIALE

La manipolazione della fascia è cominciata come manipolazione neuro connettivale o trattamento segmentario. Le patologie dell’apparato locomotore erano viste come disfunzione del singolo elemento.
Con la constatazione dellunitarietà del corpo si è passati alla manipolazione fasciale o visione della fascia come elemento unificante la parte nel tutto.
La fascia inoltre è l’unico tessuto che modifica la sua consistenza se è sottoposta a stress ( plasticità) e che può riprendere la sua elasticità se è sottoposta a manipolazione ( malleabilità).
Quindi la fascia non si presenta più come una membrana uniforme, ma viene vista nella sua funzione di:

  • Elemento coordinante le unita motorie
  • Elemento di unione delle catene muscolari ipso direzionali
  • Collegamento, tramite i retina coli, fra le articolazioni corporee.

Quando  una fascite plantare è refrettaria a qualsiasi tipo di trattamento, allora dovremmo analizzare tutta la sequenza di mediopulsione dell’arto inferiore, poiché traumi  trascurati ( es. distorsioni del ginocchio) o patologie non curate correttamente ( es. pubalgia)  possono provocare nel tempo disfunzioni a carico della fascia plantare.
La medio pulsione del piede corrisponde all’adduzione delle dita della mano. I muscoli che portano medialmente le dita sono gli interossei plantari, l’opponente del quinto dito e l’adduttore dell’alluce.
Questi tre muscoli sono disposti in tre stati diversi della fascia plantare e hanno tutti e tre una funzione di adduzione della pianta del piede. Originano con alcune fibre dalla fascia plantare stessa o da sue espansioni legamentose e sono per questo i tensori distali della sequenza di medio pulsione.
La fascia plantare profonda, che è a contatto con i muscoli interossei plantari, anteriormente  forma il legamento trasversale della testa dei metatarsi, posteriormente si continua con le fasce vicine ai tendini del flessore lungo delle dita. Questo muscolo origina dalla tibia e dalla fascia crurale profonda. Questa fascia si continua in alto con la lamina profonda della fascia poplitea sulla quale manda delle espansioni tendinee il muscolo gracile.
I muscoli della zampa d’oca concorrono a stabilizzare medialmente il ginocchio. Come nel gomito non abbiamo l’adduzione, così anche nel ginocchio non abbiamo il movimento di medio pulsione, ma una continuità muscolo-fasciale che coordina la tenuta mediale.
Il muscolo gracile è circondato da una guaina fasciale che lo accompagna dal pube alla tibia. Questo muscolo è biarticolare e partecipa ai movimenti mediopulsori del ginocchio e della coscia.
La guaina dei muscoli adduttori della coscia è tensionata in senso prossimale dai fasci muscolari che il retto dell’addome manda alla guaina degli adduttori.
Questi fasci muscolari sono stati fin qui trascurati  in quanto si prendeva in esame solo le inserzioni ossee, dove cioè il muscolo fa leva per sviluppare il movimento.

CONCLUSIONI

La salute di qualsiasi organo o apparato è il risultato dell’equilibrio fra le parti. Nell’apparato locomotore questo equilibrio è testimoniato da una postura armonica.
La manipolazione fasciale è sì una terapia manuale, ma deve essere sorretta da conoscenze anatomo-fisiologiche.
Una mano riesce a risolvere bene e velocemente un problema solo se ne conosce l’origine.
( L. Stecco)

 

Fase 2

  • I pazienti nei quali le misure messe in atto nella fase 1 hanno fallito sono probabilmente candidati all’intervento chirurgico (release della fascia plantare).
  • Per l’alto tasso di complicazioni dell’intervento chirurgico e poiché nel 90-95% dei pazienti la fascite plantare si risolve da sola, rinviamo le nostre indicazioni all’operazione al fallimento delle fasi 1 per 18 mesi. La maggior parte della letteratura consiglia 12 mesi di trattamento conservativo.

Posizione dell’American Orthopaedic Foot and Ankle Society (AOFAS) a proposito del trattamento chirurgico del tallone in endoscopia o a cielo aperto
Il trattamento conservativo è raccomandato per un minimo di 6 mesi e preferibilmente per 12 mesi.
Oltre il 90% dei pazienti risponde al trattamento conservativo nell’arco di 6-10 mesi.
Quando si prende in considerazione la chirurgia, prima dell’intervento è necessaria una valutazione medica.
I pazienti devono essere avvertiti delle complicazioni e dei rischi se viene indicata una procedura in endoscopia piuttosto che a cielo aperto.
Se con il dolore della fascia o dell’osso coesiste una compressione nervosa, non si deve tentare una procedura in endoscopia o chiusa.
L’AOFAS sconsiglia le procedure chirurgiche se prima non è stato provato il trattamento conservativo.
L’AOFAS sostiene un intervento chirurgico responsabile e accuratamente pianificato solo quando il trattamento conservativo abbia fallito el’indagine sia completa.
L’AOFAS approva che si considerino limiti economici nel trattamento del dolore al tallone quando questo non peggiori l’esito.
L’AOFAS raccomanda l’imbottitura al tallone, le medicazioni e lo stretching prima di prescrivere ortesi su misura o una fisioterapia prolungata.
Queste affermazioni si propongono come linee guida per gli ortopedici e non intendono imporre un piano di trattamento.

 

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