Metatarsalgie

Fig.1

Con il termine metatarsalgia si intende la comparsa di dolore al livello della testa delle ossa metatarsali. ( Fig. 1)

Eziopatogenesi 

Le cause possibili rientrano in tre gruppi:

  • conseguenze di patologie generali
  • conseguenze di patologie dell’avampiede
  • alterazioni biomeccaniche

Nel primo gruppo, patologie generali, sono compresi gli esiti di processi flogistici generali, come l’artrite reumatoide, la gotta o il diabete, rari nell’atleta ma frequenti negli sportivi occasionali.
Le conseguenze di patologie dell’avampiede possono essere determinate da anomalie congenite dell’avampiede, come la brevità delle ossa metatarsali; da patologie osteocondrosiche, soprattutto a carico della testa del secondo osso metatarsale (malattia di Koehler II), oppure da fratture o infrazioni delle ossa metatarsali.
Le alterazioni biomeccaniche responsabili di metatarsalgia costuiscono il gruppo più importante. In esso rientrano le affezioni conseguenti a un’alterazione della forma ossea, per cui un raggio metatarsale più lungo di un altro sarà sovraccaricato, o a un’eccessiva angolazione delle ossa metatarsali.
Ogni diafisi metatarsale forma con il suolo un angolo che aumenta progressivamente dal quinto al primo raggio. Se esiste una verticalizzazione di questi raggi, se cioè aumenta l’ampiezza di questo angolo, oppure se si ha un aumento della loro mobilità, vi sarà un sovraccarico nella zona di appoggio. Spesso le metatarsalgie si associano ad alluce valgo, essendo la deformità di questo dito espressione esterna di un’alterazione anatomica posteriore.
Talora un’alterazione biomeccanica può essere determinata da modificazioni dell’atteggiamento dell’avampiede determinate da un allenamento particolare, soprattutto nelle attività di salto, corsa a ostacoli o velocità.

Fig. 2

Clinica e diagnosi – Il quadro clinico è caratterizzato da:

  •   dolore e relativa impotenza funzionale
  • ipercheratosi ( Fig. 2)
  •   borsite

Il dolore si localizza a livello dell’appoggio metatarsale per tutta la sua estensione (casi di sovraccarico globale) oppure solo su una parte di esso (casi di squilibrio dell’appoggio), determinando una diminuzione delle prestazioni del piede. L’ipercheratosi si forma in quanto l’eccessivo carico determina una ridotta vascolarizzazione delle cellule della cute, per cui queste trasformano i loro mucoprotidi in cheratina divenendo cellule cornee.
Infine possono verificarsi ascessi intraepidermici ( borsiti ), perché aumenta la compressione delle borse di scorrimento sotto le teste metatarsali a causa dell’ipercheratosi, per cui queste possono infiammarsi e talvolta ascessualizzarsi.

Fig. 3

La deambulazione presenta particolari caratteristiche: acquisisce un carattere plantigrado,cioè non si effettua il distacco dal terreno con l’avampiede ( si dice in tal caso che il piede “timbra” il terreno). In relazione alla localizzazione delle zone dolorose si può avere una deambulazione con il piede in pronazione (dolore mediale) o in supinazione ( dolore laterale).
Il distacco dal terreno del piede algido sotto carico non inizia finchè l’altro piede non è completamente appoggiato al suolo, determinandosi così zoppia di fuga ( in condizioni normali è invece sufficiente che il tallone dell’arto oscillante tocchi il suolo). ( Fig 3)

Inoltre, il ginocchio dell’arto il cui piede è dolente viene sempre mantenuto leggermente flesso, per cui quando si compie il passo si cerca di appoggiare al terreno tutta la superfice plantare, senza eseguire la rotazione. La diagnosi è clinica e l’esame podoscopico, o baropodometrico, con valutazione radiologica sotto carico conferma l’atteggiamento scorretto del piede.

Trattamento

La terapia è conseguente al tipo di diagnosi fatta e può essere incruenta o cruenta.
La prima si basa sull’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei, somministrati per via locale o generale, sull’impiego di ortesi barre di scarico retrocapitato a sfuma re dal primo al quinto raggio, in modo da alleggerire il sovraccarico sulle teste intermedie.
E’ evidente che in caso di piede cavo deve essere associato un cuneo esterno sottocalcaneare in modo da correggere la posizione in varo del retropiede, da utilizzare almeno nelle scarpe da riposo.
A questi provvedimenti si associa una terapia fisica locale.
Bisogna assolutamente evitare le asportazioni massive dello strato corneo per non creare i presupposti per un’ulcerazione della cute dell’avampiede.
Questo tipo di terapia non modifica però le alterazioni meccaniche esistenti.
La terapia chirurgica è indicata nei casi gravi e permette la correzione delle alterazioni biomeccaniche.

Il trattamento riabilitativo è così articolato:

  • sospensione dell’attività sportiva
  • terapia fisica mediante l’utilizzo di tecarterapia
  • manipolazione miofasciale
  • terapia antinfiammatoria non steroidea
  • utilizzo di un’ortesi di scarico della seconda articolazione metatarsofalangea
  • esercizi di rinforzo della muscolatura intrinseca ed estrinseca, esercizi di stretching per il recupero della mobilità articolare ed esercizi di tipo propriocettivo per il ripristino dell’equilibrio neuromuscolare del piede.
Quadri clinici associati a metatarsalgia

  • Piede cavo

E’ di particolare interesse quello anteriore, nel quale la caratteristica più evidente è la verticalizzazione dell’appoggio metatarsale, che comporta alcune alterazioni biomeccaniche in conseguenza delle quali l’appoggio viene a effettuarsi solo attraverso il calcagno e le teste metatarsali, essendo fortemente aumentato l’arco longitudinale del piede.

  • Piede piatto

Può associarsi a metatarsalgia, sia in seguito alla debolezza muscololegamentosa propria del piede piatto sia  a causa della deviazione in valgo del retropiede che vi si associa.

Il valgismo del retropiede viene, infatti, compensato da un movimento di supinazione dell’avampiede che porta al sollevamento del primo osso metatarsale con perdita della sua capacità di appoggio.

  • Piede traverso piano

Spesso associato al piede cavo, è caratterizzato dall’abbassamento della volta anteriore con sovraccarico del secondo, terzo e quarto raggio e relativo scarico del primo e del quinto.

Il dolore si manifesta dopo gli allenamenti e le gare. Clinicamente si evidenzia l’inversione dell’arco anteriore con caratteristica ipercheratosi centrale.

  • Sindrome da insufficienza del primo raggio metarsale

Comprende tutti i difetti di appoggio del segmento mediale del piede che, non svolgendo più la sua normale funzione, viene a sovraccaricare i segmenti contigui in particolare il secondo e il terzo osso metatarsale. Caratteristicamente, il primo osso metatarsale è molto corto ed è deviato in varo, mentre gli altri divergono a ventaglio e le dita tendono a raggrupparsi con l’alluce deviato in valgo e il quinto dito in varo adduzione ( piede di Morton)

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